Lo
psicoterapeuta può, attraverso le proprie capacità di comunicazione,
"aiutare un membro della famiglia ad arrivare a capire pienamente che un altro membro della famiglia non è cattivo, o maligno, o pazzo quando non conosce la comunicazione del primo membro ma, piuttosto, che le loro comunicazioni sono semplicemente non in connessione l'una con l'altra, poiché ogni persona presta attenzione a una parte diversa dell'esperienza vissuta insieme".
Secondo
Satir, Bandler e Grinder, i problemi in una coppia avvengono perché c'è bassa
stima di sé dei partner, perché ognuno si aspetta che l'altro lo capisca e ha
poca fiducia nella risoluzione del conflitto affrontandolo. Sembra che aldilà
di ogni contenuto dei conflitti, si può individuare uno stile di comunicazione
disfunzionale che viene ripetuto più e più volte, tanto da portare ad un
distanziamento sempre maggiore. Questa comunicazione disfunzionale rimane tale
e sostiene il disagio quando mantiene la persona fuori dall'esperienza attuale
del mondo, attraverso il ricorso automatico a schemi antichi di percezione
e di rappresentazione del mondo.
All'inizio
del rapporto, nel periodo di innamoramento, c'è tra i partner l'aspettativa di
un accordo totale, idealizzante. Questa idealizzazione è molto importante per i
momenti di crisi, perché rappresenta un punto fermo a cui tornare per capire
cosa ci ha fatto fidare dell'altro. Anche perché, nel momento della scoperta
dei limiti dell'altro, abbiamo la tendenza a focalizzarci su questi e, di
conseguenza, a vivere e perpetuare il disaccordo e con lui una sempre maggiore
insoddisfazione. Secondo gli autori, la delusione della scoperta delle
differenze ci fa vedere questi limiti come "cattiverie", con un
successivo spostamento su un piano affettivo: le differenze si trasformano in
mancanza d'amore: se lui/lei non mi guarda (per me essere guardata equivale con
essere amata), significa che non mi ama. Se non mi ama sono legittimato/a
a mettermi in una posizione di attacco, di giudizio. Il disaccordo,
infatti, spesso non viene comunicato in maniera diretta e la comunicazione
diventa sempre più indiretta e nascosta. Tutti e due sentono una
sofferenza, non si sentono riconosciuti e tutto ciò non è che paglia sul
fuoco per il conflitto.
La
soluzione sarebbe imparare a cogliere il disaccordo e il disagio come oggetto
di chiarificazione:
- avere la libertà di prendersi uno spazio insieme all'altro per comunicare le proprie percezioni e/o i propri stati d'animo rispetto alla sua comunicazione e verificare con lui/lei il significato (che cosa mi sta dicendo davvero l'altro?);
- permettersi di prendere consapevolezza delle proprie modalità di percepire il mondo, spesso in modo automatico e lontano dal qui e ora, ma basati su esperienze passate;
- usare l'esperienza di disagio/confusione/conflitto per imparare di più su di sé e sull'altro, come un'opportunità di crescita, con la libertà di comunicare, senza che l'autostima sia minacciata.
Bibliografia
Bandler,
R., Grinder, J, Satir, V. (2005), Il cambiamento terapeutico della famiglia,
Roma, Borla.